Sul finire del passato Millennio, con l’entrata in vigore di nuovi ordinamenti legislativi finalizzati a una migliore organizzazione ed efficienza degli Enti e delle Associazioni, l’Opera Pia San Benedetto ha mutato la sua figura di Ente di diritto pubblico in quella di Ente di diritto privato, assumendo successivamente la definitiva forma giuridica di Fondazione, con un nuovo Statuto identico al precedente nello spirito ma aggiornato nella forma.
Con questa nuova versione dello Statuto, oltre ad adeguarsi alle nuove norme di legge e riconfermare gli stessi scopi istituzionali, l’Opera Pia San Benedetto ha inteso conservare inalterate le sue origini umanitarie e filantropiche, tramandate e ampliate ai posteri.
Ma come è nata l’Opera Pia San Benedetto, e perché? E’ nata ufficialmente il 27 agosto 1923, col Regio Decreto n. 1930, sotto la denominazione di “Opera Pia di previdenza e assistenza medico-chirurgica”, popolarmente detta “Opera Pia per l’ospedale di Trezzo”.
Gli scopi del primitivo statuto erano quelli di fornire provvidenze profilattiche, di costruire un dispensario antitubercolare e un ospedale medico-chirurgico in Trezzo.
In attesa di reperire i mezzi necessari per la realizzazione dello scopo primario, ne furono realizzati alcuni secondari:
- una scuola per la diffusione della conoscenza profilattico-igienico-sanitaria e di pronto soccorso
- un ambulatorio medico (in seguito gestito dal Comune)
- un dispensario antitubercolare (poi assorbito, nel 1934 dal Consorzio antitubercolare della Provincia di Milano)
- un fabbricato adibito a isolamento per malattie contagiose (poi occupato per esigenze belliche, quindi affittato ai “senzatetto” e, infine, ceduto al Comune)
Nel 1923, l’Opera Pia San Benedetto venne riconosciuta Ente Morale a coronamento di un laborioso e travagliato percorso iniziato nel 1903 con il lascito di 20.000 lire che Giovanni Mantegazza aveva versato alla Congregazione di Carità per la costruzione di un ospedale in Trezzo.
A questo primo lascito seguì, nel 1906, il versamento di 5.000 lire da parte di don Giovanni Bassi e, nel 1919, di altre 5.000 lire da parte di Giuseppe Rolla.
Perché tanta voglia di costruire un ospedale a Trezzo agli inizi del Novecento?
Nel 1902 il Comune di Milano aveva deciso di non accogliere più, nei suoi ospedali, gli ammalati della Provincia. Il Comune di Trezzo, non volendosi peraltro aggregare all’ospedale di Vimercate già in funzione, promosse uno studio di fattibilità di un nosocomio sul proprio territorio.
Dopo la delibera del Comune del 1919 di istituire a tale scopo un’Opera Pia, furono avviate le pratiche per la sua costituzione in Ente Morale e fu dato incarico all’ing. Ettore Gattinoni di studiare il progetto dell’erigendo ospedale.
L’area allora localizzata, quella accanto alla cappella della Madonna di San Martino, è la stessa dove oggi sorge il fabbricato della R.S.A. (Residenza Sanitaria Anziani).
Il riconoscimento ufficiale, come già detto, avverrà nell’agosto del 1923. Quattro anni più tardi, nel 1927, Carlo Mazza lasciò in eredità all’Opera Pia il suo cinquanta per cento di legittima proprietà comprendente, tra l’altro, beni fondiari e immobiliari quali cascina Portesana e San Benedetto, le case di Via Jacopo e Via Santa Marta.
A completamento di questa donazione, l’Opera Pia acquistò poco dopo, per 205.500 lire dalla cognata Annetta Antonini ved. Mazza, l’altra quota del cinquanta per cento ricongiungendo così l’intero patrimonio.
S’impone a questo punto una curiosa sottolineatura: buona parte del patrimonio dei Mazza passato all’Opera Pia coincide con quei terreni e immobili che nel lontano 1088, come attesta un’antica pergamena conservata nell’Archivio di Stato di Milano, due longobardi del posto, Angilberto di Trezzo e Giselberto di Colnago, donarono all’Abate Ugo del monastero benedettino di Cluny.
In seguito ci fu la donazione dell’ing. Agostino Perego di un terreno di circa quaranta pertiche sul quale era stata eretta l’attuale cappella della Madonna di San Martino, e il lascito della sua domestica Scotti Emilia, (una lapide, nel cimitero di Trezzo, testimonia il suo gesto benefico: tutti i suoi risparmi all’Opera Pia).
Una goccia esemplare nel mare della carità. Nel 2001 verso il lato nord del Cimitero di Trezzo sono state riunite le salme della famiglia Mazza e della Scotti in un’unica tomba sulla quale è stata posta una lapide a ricordo di tutti i Soci e dei Benefattori.
Ma torniamo al progetto dell’ospedale. Vicissitudini storiche e profondi contrasti politici ne impedirono, di fatto, la realizzazione. L’Opera Pia sopravvisse così nell’incertezza dei propri scopi statutari per alcuni decenni, finchè negli Anni ’60 avvenne la svolta decisiva: il 15 luglio 1960, alla presenza del Prefetto di Milano, Angelo Vicari, ispiratore e finanziatore dell’iniziativa, e dell’amico Sindaco Umberto Villa, venne inaugurata la Colonia Eliofluviale San Benedetto.
E’ l’inizio di un nuovo cammino che coniugherà fino ai giorni nostri alcune parole tipiche della nostra cultura associativa: assistenza ed educazione, con risvolti concreti nel campo sociale sul nostro territorio.
L’8 dicembre 1967 l’Assemblea dei Soci dell’Opera Pia, ritenendo non più attualizzabili la realizzazione dell’ospedale e i primitivi scopi statutari, ha proposto al competente Ministero la modifica dell’originaria denominazione e l’approvazione di un nuovo Statuto.
Il 13 aprile 1971 con firma del Presidente del Repubblica, Giuseppe Saragat, l’Ente assumeva l’attuale denominazione di “Opera Pia San Benedetto”. Fra i nuovi, eppur antichi, scopi: assistenza ed educazione dei minori, assistenza socio-sanitaria degli anziani.
Ecco allora, ma è storia recente, il confortevole e moderno Centro Ricreativo Diurno San Benedetto riservato ai ragazzi in età scolare (circa 950 presenze estive su tre turni) e, per gli anziani autosufficienti, 16 mini alloggi in Via Santa Marta, in funzione fin dagli anni ’80.
Un’ultima annotazione: nello spirito di dotare la comunità di Trezzo di una struttura “protetta” per anziani non autosufficienti, l’Opera Pia nel 1988, non potendovi provvedere con le sole sue forze, ha donato al Comune l’intera area necessaria (la stessa dove doveva sorgere l’antico ospedale) per la costruzione dell’attuale Casa di Riposo, quella prospiciente la cappella della Madonna di San Martino.